"La scuola di guerra della vita", Friedrich Nietzsche:

Quel che non mi uccide, mi rende più forte"

(Friedrich Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, 1888)

"Se dopo aver accompagnato tuo figlio in palestra, aspettando seduto nello spogliatoio e pensando alla gara del giorno prima, con la calcolatrice del cellulare cominci a calcolare:

- a che passo avresti dovuto correre per arrivare cinque minuti prima;

- che tempo avresti fatto se ai 10 chilometri fossi arrivato ad una media inferiore di 5 secondi al chilometro;

- a che media affronterai la prossima gara volendo migliorare il tuo PB di almeno 10 minuti

allora le possibilità sono due: o sei un runner o sei cerebroleso, e non è detto che una escluda l'altra....”
(orzo)
....certo che noi runners siamo proprio strani....
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Le mie Maratone


La mia prima Maratona

11^ Maratona d' Europa
Domenica 2 maggio 2010

Ore 8:55, sono ingabbiato a Gradisca d’Isonzo, con centinaia di altri runners alla partenza dell' 11^ Maratona d'Europa e sta per compiersi il sogno che inseguo da sempre: correre una Maratona.

La decisione di realizzare finalmente questo sogno è arrivata nell’autunno scorso, dopo una primavera di risveglio da un torpore pluridecennale, con episodi di riavvicinamento alla corsa caratterizzati da buffi cronometraggi su distanze di due - tre chilometri, ed un’estate nella quale la consapevolezza di essere sottotono, per usare un eufemismo, andava via via rafforzandosi e che comunque, Maratona o no, bisognava correre ai ripari.
Il fiatone per salire i due piani di casa era diventato inaccettabile e cominciava a prevalere il senso di impotenza nei confronti di un figlio che di là a poco mi avrebbe sicuramente raggiunto e molto probabilmente superato nei suoi pur brevi scatti di corsa.

Comincio a cercare in rete tabelle di allenamento, potenza della tecnologia, ed affido così la mia preparazione al “my coach” di Adidas, prefiggendomi un impegno che da tempo era ormai svanito e praticamente dimenticato nei suoi tratti essenziali.
Troppi lunghi anni erano infatti trascorsi dalle piacevoli domeniche dei primi anni ’80, quando con gli Amici della ginnastica attrezzistica si correva senza troppo impegno per un paio d’ore a torso nudo per il Carso, dopo essersi mostrati l’un l’altro i calli del venerdì causati da sbarra, anelli e parallele che si aprivano sul palmo delle mani.
Ed è proprio in questo periodo, nel quale con qualcuno di loro corro quelle manifestazioni che iniziano e diffondersi in quegli anni, le “non competitive” e le stracittadine, che prende forma in me l’idea della Maratona .
Dopo l’adolescenza sui 300 e 400 metri in pista è un piacevole ritorno e la compagnia è delle migliori.
Domeniche mattina ed anche, ogni tanto, qualche giorno durante la settimana, ma sempre nel piacere di un’ attività fine a se stessa, senza l’assillo del cronometro; tutt’al più si usciva con l’orologio, per darci un’idea di massima del tempo per non far tardi a casa.

Ricordo quella volta, eravamo soli io e Giovanni perché gli altri avevano altri impegni.
Lasciamo le macchine ed iniziamo a correre. Giovanni si infila un sacchetto della spesa sotto la maglietta di cotone e mi guarda. Gli chiedo: “a cossa te servi ?”
“Te vederà” mi fa con il suo sorriso beffardo. Gli leggo nel pensiero e senza dire niente continuo a correre, mantenendo a stento le risate.
Dopo tre chilometri si verifica quello che immaginavo: ci fermiamo davanti ad un albero di ciliegie, mi dà il sacchetto e mi fa: “Tien qua”.
Si arrampica sui rami più bassi e cominciamo e riempirci la pancia, mettendo anche qualcosa nella borsa, sbellicandoci dalle risate per come stava evolvendo il nostro impegno sportivo terminato, per quella giornata, con la pancia piena ed un bottino in ciliegie, riuscendo a stento a correre nel ritorno perché impossibilitati a tenere un’ andatura decorosa e soprattutto seria.
Che bel ricordo !! Grazie Giovanni !!....qualche anno dopo un incidente ti ha portato via, ma corri sempre con me….

Il servizio militare nel 1984 mette fine ad ogni attività sportiva e ci si perde anche un po’ di vista con gli amici della Ginnastica Triestina: ognuno sta prendendo la sua strada e qualcuno inizia a metter su famiglia.
Una bruttissima distorsione alla caviglia destra nell’autunno del 2005 mi impedisce di poggiare il piede per tre mesi.
Polpaccio e caviglia arrivano ad avere la stessa circonferenza, sono abbattuto e mi convinco che sarò fortunato se sarò in grado di camminare di nuovo diritto….per fortuna tutto rientra, anche se il muscolo è praticamente sparito.

Dopo vent’anni di digiuno, il 30 agosto 2009 mi “impegno” su 7,7 chilometri collinari per 1 ora e cinque minuti, correndo per 27 minuti e camminando per 38 minuti.
A settembre mi metto in testa di correre due volte per settimana ed il 30 settembre per fare 8 chilometri impiego 58 minuti, camminando per 16 minuti e correndo per 42 minuti, anche se ancora non di seguito.
Nello stesso periodo trovo le tabelle per la preparazione ed inizio a correre quattro volte per settimana; creo sul computer una cartella “Preparazione corsa” contenente un foglio di excel nominato “Registro corsa” sul quale annoterò diligentemente i risultati, anche per le modestissime uscite già portate a termine.

Si leggono così in ottobre uscite di 3,5-6-7-8 chilometri in medie risibili che vanno da 6’20”/Km a 6’50”/Km, ma di percorso collinare e quindi di formazione, e quel che più conta senza mai camminare.
A fine ottobre faccio 11,5 chilometri in 1 ora e 15 minuti, i primi di novembre corro per 14,7 chilometri in 1 ora e 35 minuti….ormai il ghiaccio è rotto !!

La preparazione continua secondo la tabella, anche se il maltempo invernale mi costringe a rallentare ed a ridurre a tre le uscite settimanali.
Per il 17 gennaio 2010 il programma prevede due ore di corsa, quale migliore occasione per partecipare alla mia prima mezza Maratona, tranquillizzato dal fatto che a metà dicembre avevo comunque già percorso 25,6 chilometri.
E’ con vera eccitazione che mi rimetto un pettorale sulla maglietta dopo 35 anni e devo dire che sono emozionato come un bambino.
Non so ancora se riuscirò a finirla, né se ciò mi porterà alla Maratona, ma anche questo era un traguardo che mi ero prefissato negli anni ed intendo perseguirlo.
Con vero stupore concludo la gara in un tempo dignitoso, inferiore alle due ore e senza sforzi sovrumani; tutto ciò mi lascia ben sperare per la preparazione futura.

Il 7 marzo corro la seconda Mezza in un tempo pressoché analogo; non c’è stato un netto miglioramento, ma sono comunque confortato da come mantengo i ritmi delle tabelle.
Inserisco nuovamente il quarto allenamento settimanale e per non perdere lucidità nelle gambe inizio una seduta settimanale di ripetute.

D’ora in poi le distanze diventano davvero importanti: 25 – 30 – 20 – 24.
Il 10 aprile c’è il lunghissimo di 36 chilometri; mi stanca davvero tanto, soprattutto mi fanno tanto male le gambe; dopo il 22° sono costretto a fare tratti camminando alternati alla corsa.
Riprendo a correre, ma sempre più spesso devo camminare. Porto a termine comunque l’allenamento correndo tutto l’ultimo chilometro.

A tre settimane dalla Maratona inizia la fase di scarico; il 17 aprile faccio l’ultimo 20 in un tempo pessimo, mai ho fatto così male in cinque mesi !!
Adesso le uscite sono tutte di corsa breve, le ultime solo per far girare un po’ le gambe.
L’ultima settimana è per me pesantissima e vivo giornate di elevata tensione, vorrei essere già alla partenza.

Ed è il grande giorno.
Giù dal pullman a Gradisca d’Isonzo mi preparo come al solito: crema sui punti più delicati dei piedi e cerotto, gel nel taschino dei pantaloncini e spugna in vita.
Ritrovo Amici, rivedo conoscenti, aspettiamo tutti insieme i pochi minuti che ci separano dal via.

Qualche foto, mangio uno snack, manca ormai poco.

Quando siamo già nelle gabbie di partenza lo speaker ci intrattiene con le solite formalità ed i ringraziamenti di rito; racconta di quanti siamo e di quanto diversificata sia la presenza di runners stranieri, citando qualche decina di corridori di Taipei.
Un grande applauso, qualche sorriso con gli occhi a mandorla e l’elicottero per le riprese televisive ci sorvola.

Lo sparo e si parte !!

Quello che quasi trent’anni fa avevo sognato adesso si sta compiendo, ancora non ci posso credere !!
La tensione finalmente svanisce e la corsa comincia a rilassarmi.
Mi accodo ai pacer delle 4 ore, non so se riuscirò a farcela, ma ci voglio provare.
Il percorso interno a Gradisca non è fluido, c’è troppa gente tutta insieme e si corre male.


Percorro il primo chilometro a 5’20”/Km, così come anche il secondo; mi accorgo di non essere più con i pacer, ma la corsa è fluida e non sto forzando; decido così di mantenere questo passo e ne ricavo un piacevole senso di libertà.
Al 6° chilometro passo davanti al cimitero di Fogliano, saluto la Mamma e la prego di continuare ad aiutare da lassù i miei Cari e me come ha sempre fatto finora….forse nemmeno Lei se l’aspettava questa mia Impresa.
Come mi è stato consigliato faccio tutti i ristori, per adesso solo acqua, ma serve a tenere la bocca umida.
Il percorso prosegue: Redipuglia, Ronchi dei Legionari, Monfalcone.
Passo al 10° chilometro in 52’43”, a 5’16”/Km….un po’ troppo veloce, non era questa la media che volevo tenere, ma per il momento mi va bene così.

All’undicesimo chilometro mi raggiungono i pacer delle 4 ore. Bene, li stavo aspettando.
Chiaramente mi accodo, ma stento a correre al loro passo, sono ancora un filo troppo veloce.
Mi disturba avere davanti altre persone perché mi deconcentrano e decido di mettermi in testa al gruppo, affiancando i primi.
“Andiamo bene cosi” – fa il pacer – “ siamo a 5’32”/Km”.
Adesso correre è veramente bello e rilassante ed il gruppo mi dà forza e motivazione.
Si continua così ancora per circa nove chilometri, fino a quando al 19° chilometro un falsopiano conduce inesorabilmente ai primi accenni di salita.
Prima di affrontare la salita decido di rallentare, non sono in grado di correre in salita alla stessa velocità.
Apro il gel ed inizio a succhiarlo….caldissimo e dolcissimo….spero almeno serva.
Il gruppo procede costante ed i pacer si girano ad incitarmi, ma decido di mantenere un mio passo.

Dopo due chilometri di salita passo alla Mezza in 1h59'20", a 5’40”/Km, tutto sommato va bene, volevo viaggiare su questa media.
I problemi però iniziano adesso, perché ci sono ancora 3,9 chilometri di salita e comincio a sentire un dolore alle dita del piede sinistro.
Rifletto se è il caso di fermarsi e decido di proseguire, forse mi passerà.
Mi viene in mente che potrebbe essere il cerotto che si è un po’ spostato e faccio finta di non sentire il dolore.
La pendenza costante della strada che conduce al 25° chilometro è veramente sfiancante; lo strappo dal 19° al 21° aveva una pendenza maggiore, ma era più breve. Adesso invece sembra non finire mai e si procede davvero lentamente.
Al 23° mi affianca un altro runner, e con qualche battutina per stemperare la fatica arrivo al 25°.
Mentre agli altri ristori bevevo camminando, a questo ristoro mi fermo decisamente e bevo con calma.


Riprendo a correre, ma dopo circa un chilometro sono costretto a rallentare perché il dolore alle dita del piede sinistro è aumentato e la scarpa è sporca di sangue, una nuova vescica si è aperta, scoprirò più tardi.
Contavo di riuscire a riprendere i pacer delle 4 ore, ma di loro nemmeno l’ombra, anche se scoprirò più tardi che alla Mezza il distacco che avevo era solo di 20 secondi.

La visione che mi si offre è infernale: dieci chilometri di strada costiera praticamente desolata e laggiù in fondo Trieste, che si intravede appena.

Al 27° chilometro cominciano a farmi molto male le gambe e non riesco più a mantenere la lenta andatura che avevo; sono così costretto ad alternare tratti al passo con tratti di corsa.
Per un crudele scherzo del destino il dolore alle gambe che oggi mi ha rallentato è insorto proprio dove già in aprile ho accusato lo stesso problema, nello stesso punto, anche se oggi il numero dei chilometri percorsi è maggiore.


Al 28° mi raggiungono i pacer della 4 ore e 15, e sono contento perché così potrò avere di nuovo un riferimento.
Riesco però a percorrere con il gruppo solo un chilometro, devo rallentare e nuovamente camminare. E sarà ancora così per una decina di chilometri.
Dal 33° chilometro la strada scende decisamente per due chilometri, ne approfitto per sciogliere la gambe.
Sono al 35° chilometro ed il percorso si sviluppa adesso tutto a livello del mare; non ci saranno più salite né discese fino all’arrivo.
Alterno ancora passo e corsa; penso di non fermarmi all’ultimo ristoro del 40°, ma un improvviso stimolo di fame mi spinge a prendere una banana, che mangio camminando.
Come temevo si stanno avvicinando i pacer delle 4 ore e 30 e questa volta non voglio rimanere per strada.
Riprendo a correre affiancato a loro anche se so già che sarò costretto a camminare d
i nuovo, ma voglio provarci fino in fondo.
Velocemente rifletto e penso che adesso, a due chilometri dalla fine, camminando anche solo venti metri perderei definitivamente il contatto e finirei oltre alle 4 ore e 30.


Ed allora parto, non sento più il dolore, non sento più la stanchezza, sento solo la gente ai lati della strada che mi incita.
Al cartello dei 500 metri una persona dell’organizzazione mi grida “dai !! ormai sei arrivato !!”….il pacer esce di lato….vedo il gonfiabile dei 42 chilometri….lo passo….
entro in Piazza Unità d’Italia....
 

....ultima curva verso destra....sento Lorenza e Giordano che gridano....il rettilineo….



....il cronometro segna 4 ore e 27….




....ultimi trenta metri….il tappeto azzurro….

 E' FATTA !!!!

E’ IL COMPIMENTO DI UN SOGNO !!

E’ UN TRAGUARDO RIMANDATO PER ANNI E CHE CREDEVO ORMAI IRRAGGIUNGIBILE !!
E’ UN’ALTRA PARTE DI ME CHE SI COMPLETA !!
E’ UN ENTRARE NELLA FAMIGLIA DEI MARATONETI !!
E’ QUALCOSA CHE NESSUNO POTRA’ MAI TOGLIERMI !!

Ho onorato una competizione leggendaria, ho onorato un impegno preso con me stesso, ho onorato i sacrifici e gli allenamenti compiuti in questi lunghi mesi, ho onorato la Città che da sempre ospita la mia Famiglia, disputando qui la mia prima Maratona, e soprattutto ho onorato tutti quelli che non ci sono più e che hanno sempre creduto in me, penso che guardandomi da lassù essi possano esserne orgogliosi.

Nel mio piccolo adesso anch’io faccio parte di un mito.


(foto: atleticats.com; Roberta Radini)




Video Rai.TV - Rai Sport - Maratona d'Europa 2010




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25^ Maratona di Venezia
Domenica 24 ottobre 2010
 











Nella totale pazzia che molto spesso pervade i miei tessuti cerebro-spinali e delle innumerevoli scelte dissennate che ne conseguono, questa non è che l’ultima della serie.
Mi sono iscritto alla Maratona di Venezia ad aprile scorso, prima ancora di correre il 2 maggio la Maratona di Trieste, la mia prima.
Della serie, ancora non so se ce la farò a fare una Maratona, ma intanto, in attesa di Trieste, mi iscrivo anche a quella di Venezia….NO COMMENT….
Pur seguendo una tabella di Pizzolato, o meglio facendo finta di seguirla, non posso dire di essermi preparato alla bisogna, complici anche dei dolori ad un ginocchio, alternati a fascite plantare, durati un paio di settimane, ed un caldo che quest’estate mi toglieva le forze: preparare una Maratona per ottobre significa cominciare con i lunghi ad agosto.
E poi, pazzia per pazzia, mi sono detto: “ E perché non provare stavolta a scendere sotto alle quattro ore ?? La tabella è quella giusta, impegno forza e coraggio….e che ci vuole ??“
Risposta: forse ci vuole un impegno ancora maggiore, un’altra età, ma soprattutto più esperienza specifica sulla distanza.


E si và quindi di allenamenti.
Finito con Trieste, lascio passare un mese e con i primi di giugno si ricomincia.
Tabella articolata su diciotto settimane, cinque allenamenti per settimana per un totale di novanta uscite.
Così come l’inizio di ogni dieta, quando i buoni intendimenti la fanno da padrone, anche le tabelle degli allenamenti vengono seguite pedissequamente nelle loro fasi iniziali, salvo poi, all’evenienza, modificarle a proprio piacimento o secondo necessità.
L’acquisto delle scarpe da trail e la frescura, peraltro relativa, della quale si può godere tra luglio ed agosto nei boschi dell’altipiano carsico mi hanno spinto ad inventare allenamenti alternativi alla triste “pista” ed alla infame, puzzolente, pericolosa “strada”….e cosa c’è di meglio di correre tra i boschi !!
La volontà di fare i compiti come un bravo bambino non mi è comunque mancata e più volte ho cercato di recuperare allenamenti saltati: ad esempio domenica 8 agosto mi sono fatto una bella doppietta, con 18 chilometri di strada al mattino e 8,3 chilometri di collinare al pomeriggio.
Ripetute in salita le prime settimane, si continua con le ripetute brevi in pista, a fine agosto due belle corsette intorno ai laghi in Austria….sì, va bè, ma con 59 allenamenti fatti su 90 da fare, cioè con una percentuale di lavoro portato a termine pari al 65,5 %, si può correre una Maratona ??
SI PUO’ SI PUO’, E SI FARA’ !!
E’ già chiaro, però, che gli obbiettivi andranno rivisti e che bisognerà sostituire le velleitarie ambizioni cronometriche con altre che, auspicabilmente, mi consentano di passare la linea del traguardo con le mie gambe ed in buoni condizioni fisiche (e mentali) e, se possibile, non peggiorando di troppo il tempo della Maratona di Trieste.
Del resto, con due soli lunghissimi, un 34K fatto a tratti camminando ed il 36K del 7 ottobre, diciassette giorni prima della Maratona, anche questo in parte camminando, terminato in 4 ore e 6 minuti….maddove vuoi andare orzo, se la matematica non è un’opinione (come non lo è) per farne 42 impiegheresti ben che ti vada ancora un’altra mezz’ora in più….e si andrebbe a finirla in 4 ore e 40 minuti….
Non ci mancava che la Bora e la pioggia dell’ultima settimana di preparazione per “concludere in gloria”.
Ma nonostante tutto nella mia incoscienza mi sento moderatamente ottimista, forte anche dell’Euromarathon (o meglio di quello che rimaneva) corsa il 19 settembre a 5’/km, e della Mezza di Aurisina del 3 ottobre nella quale ho tenuto il RM come da programma, concludendo con un allungo di due chilometri e con gambe ottimamente reattive.
Un’altra cosa che mi fa ben sperare è il superamento di una crisi di crampi nel 36K durata per quattro chilometri e l’allungo a 5’20”/Km (RM – 15”) per il chilometro finale del lungo.
Diciamo che posso ancora giocarmela.

Arriva il 23 ottobre, vigilia della gara.



All’Exposport ritiro il pettorale e quello che l’Organizzazione ha voluto, con un eufemismo, chiamare pacco gara, ma che di fatto molto più si avvicina al risultato di un’asta di beneficenza parrocchiale, visti i contenuti.
Evidentemente gli sponsor (e che sponsor !!) stanno vivendo momenti di profonda crisi economica, visto che Asics nulla ha potuto più che una dozzinale maglietta in cotone, e che il Banco San Marco è riuscito unicamente a far dono di un interessantissimo ciondolo portachiavi da appendere al collo.
Il Casinò di Venezia, ancorché indelebilmente impresso sulla manica sinistra della favolosa maglia, non mi risulta, invece, sia riuscito a sostenere una spesa, nemmeno piccola, affinché lo si ricordi volentieri; a meno che non si sia prodigato, con immenso sacrificio economico, a procurare la preziosa bustina di salviettine profumate presente nel pacco, nel qual caso ringraziamo.
Pacco: mai nome fu più veritiero; in effetti stiamo parlando SOLO della 25^ Edizione della Maratona di Venezia, con tanto di logo Anniversary edition….
La mattina della gara a casa dell’amico Luigi, che mi ha molto gentilmente ospitato, sveglia alle 5, colazione veloce e treno per Mestre, da dove la navetta ci carica con destinazione Villa Pisani a Strà, punto di partenza della Maratona.

L’affluenza di runner è assolutamente grandiosa e l’organizzazione semplicemente schifosa, tanto è vero che in mancanza di un numero sufficiente di bagni chimici l’unica alternativa è la muratura della Villa, che senza soluzione di continuità si tappezza di runner e che probabilmente, per gli anni a venire, patirà di corrosione alla base.
Qualche decina di minuti prima del via accade quello che ha mosso me e tanti altri amici virtuali nella decisione di correre questa Maratona: il Raduno Runningforum.
Quando, nei giorni precedenti, qualcuno di noi temeva di non trovarsi, vista la folla, la soluzione era univoca: “Appena vedi due treccine bionde sotto una bandana rossa hai trovato Heidy e sei arrivato !!”



Sono finalmente riuscito a dare un volto ed una voce a tante entità “astratte” che fino a quel momento avevo visto solo in foto.


Che bello conoscerli di persona !! Tali e quali come li immaginavo !!



MITICI !!
Manca ormai poco e con Foia, altro forumendolo conosciuto il giorno precedente, mi avvicino alla gabbia di partenza: abbiamo tempi simili sulla Mezza ed anche sulla Maratona e decidiamo di affrontare insieme questa sfida.



I primi chilometri scorrono senza particolari note di rilievo, cercando lo spazio necessario alla corsa e zigzagando per evitare di intralciarsi, più o meno fino al 9° chilometro.
C’è tanta gente lungo la Riviera del Brenta, in strada, affacciati ai balconi, giovani, vecchi….tutti ugualmente calorosi con i runner e il loro incitamento è di grande aiuto.
Non manca la nota di colore fornita dalle tante orchestrine ai lati della strada e dall’imbarcazione che fa il giro turistico del Brenta, anche se, tutto sommato, forse si è un po’ esagerato con i volumi degli strumenti; se, allo stesso modo, gli occupanti dell’imbarcazione avessero evitato di utilizzare le snervanti vuvuzelas, ma avessero solo gridato ed applaudito sarebbe stato decisamente meglio.
Sono molto concentrato sulla mia corsa, voglio evitare di strafare per spendere inutilmente le energie e per questo cerco di mantenere un’andatura costante.
Procediamo affiancati ed estremamente regolari, con gli sguardi molto spesso rivolti ai Garmin per seguire la tabella di marcia che ci siamo preposti.
Foia ha sul display la velocità istantanea, io controllo quella media.
Ogni tanto lui scappa, preso dalle orchestrine che filma con il suo iPod, altre volte allungo io, ed è lui a richiamarmi all’ordine: abbiamo un’economia di corsa ottimale, procediamo a 5'35"-5'40"/Km.
Da subito, dalla partenza, l’elevato tasso di umidità presente nell’aria comincia a darmi fastidio alle prime vie respiratorie, tanto da avvertire molto freddo sul petto, subito sotto al collo e fastidio alla gola.
Questo inconveniente mi provoca un respiro pesante e per questo motivo faccio in modo di parlare il meno possibile con Foia.
Al 20° “faccio merenda” e succhio uno dei due gel che mi sono portato, avvisando Foia che dal 25° ho intenzione di bere con calma camminando.
Ho difficoltà a bere in corsa dalle bottigliette d’acqua, non faccio altro che bagnarmi ed un ristoro effettuato in questi termini non ha logica.
 

 




Gli faccio anche sapere che molto probabilmente procederò con lo stesso passo, senza allungare, riservando le ultime energie per il finale.

Comincio ad avvertire i primi segni di una stanchezza arrivata un pò troppo presto, ma che avevo messo in conto, visto come si sta portando a termine l’impegno: i riscontri cronometrici sono sempre in anticipo di circa un minuto rispetto alla tabella di marcia e la media risulta, di conseguenza, più elevata del previsto: passiamo il 25° esattamente al tempo previsto in tabella, spaccando il secondo.
Comincio inoltre ad avvertire dei disturbi ai polpacci.

Così al ristoro del 25°, tra Mestre e Marghera, io bevo camminando e lui prosegue di corsa.







Terminata la zona industriale le strade si ripopolano di gente e ricompaiono viali alberati: veramente caldissimo e spettacolare il passaggio in Piazza Ferretto a Mestre.




Un piacevolissimo tratto in discesa conduce in un lungo sottopassaggio: per la prima volta in due ore riesco finalmente a sciogliere un po’ le gambe. Il segnale del Garmin si perde e con uno strappetto si ritorna in superficie.
Con un lungo ponte pedonale sospeso su tiranti si attraversa un trafficato tratto stradale, arrivando al Parco San Giuliano ed ai suoi saliscendi e ghirigori.



 

In una delle tante curve e controcurve che il fantasioso tracciatore ha inventato rivedo Foia, ho appena passato il 32°, lui è circa 500 metri più avanti: alziamo la mano per salutarci.
Si esce dal parco e ricomincia un lungo tratto di zona industriale, prologo ai 4 chilometri del Ponte della Libertà.
Ed eccolo il Ponte, quattro chilometri di strada dritta sparata pochi metri sopra il mare, con nel centro la linea ferroviaria. E sullo sfondo Venezia, che adesso si può scorgere.

Dal 30° ho iniziato una specie di conto alla rovescia: mancano dodici chilometri.
Dodici chilometri….lunedì scorso hai fatto dodici chilometri a Barcola, con la Bora che ogni tanto soffiava a raffiche sugli 80-100 Km/h….cosa vuoi che sia….se lo hai fatto con la Bora, a tratti anche contraria, puoi farlo anche adesso.
CLR, ricordi ?? Così impedisci ai crampi, che stanno cercando di farsi sentire, di averla vinta.
Non serve accelerare, continua così, costante, ma non mollare !! non fermarti !! se ti fermi e cammini le gambe ti si bloccano e non ti muovi più !!
Al 33°, sull’ennesima salitina, passo Marco in difficoltà.
“Forza, mancano 9 chilometri !! E’ come farsi tre volte su e giù dal capolinea del 6 al Bivio”….provo ad incitarlo, ma è dolorante.

Il 35° è in pieno Ponte della Libertà.
Attorno a me c’è tanta gente, altri runner che fanno del loro meglio.
Molti sono fermi, tantissimi camminano, qualcuno si stira i muscoli delle gambe stando appoggiato al parapetto, uno addirittura è steso a terra con una gamba alzata e tirata da personale dell’ambulanza.
Ma non voglio cedere, non voglio mettermi a camminare, so che se lo facessi sentirei ancora più forti i dolori alle gambe.
C’è molta gente, ma mi sembra di essere solo, solo con i miei pensieri e con “loro” che mi parlano da lassù per tenermi compagnia e per distrarmi. E per farmi forza.

Ormai proseguo per inerzia, le gambe vanno perché glielo comanda la mente e solo grazie a lei riesco a continuare.
Al 40° la signora dietro al banco del ristoro ci incita: “ Due chilometri” – dice - “ ormai siete arrivati !! ….e godetevela tutta, ve la meritate !!”
Sembrerà strano, ma a sentirglielo dire mi sento sollevato, sento che sto portando a termine la mia personale Impresa.
Ed adesso comincia la parte più bella, si corre in riva al Mare, in un bagno di folla, su e giù per i ponti.


 














Adesso non soffro più, non ne ho il tempo, devo correre in salita sul legno con il quale sono stati ricoperti i ponti e fare attenzione ai tratti in discesa, temo di scivolare sul legno bagnato.
















Il ponte di barche sul Canal Grande è uno spettacolo, si muove quel minimo per darmi un pò di rimbalzo che mi fa correre più agevolmente.

Il passaggio davanti a Piazza San Marco è grandioso, indimenticabile: rallento volutamente e mi giro di lato per gustarmi la Piazza ed il boato che la folla al suo interno diffonde.
14 ponti….gli ultimi tre sembrano invalicabili, ma dopo l’ultimo vedo il traguardo e raschiando il fondo del barile riesco a trovare le ultime energie per allungare fino ad oltre quella sottile linea che separa le persone qualsiasi dal finisher della Gara regina.

Qualche metro dopo il traguardo sto per lasciarmi andare in un misto di stanchezza, gioia e liberazione: sento che gli occhi stanno gonfiandosi di lacrime.
Incrocio però lo sguardo truce di una compita signora che mi riporta alla realtà.
Con il telo termico sulle spalle cammino lentamente in direzione di quella che avrebbe dovuto essere una doccia, ma che in realtà si rivela una cascata di acqua ghiacciata….tanta disorganizzazione e logistica inesistente, non credo che mi vedranno di nuovo.
Tralasciando l’utopistico traguardo delle quattro ore, devo dire che è andata meglio di quanto potessi oggettivamente sperare: 4h12’58”, ho migliorato da maggio, dalla mia prima Maratona, di ben 15 minuti.
Ma, Signore e Signori, questa Maratona me la sono corsa tutta, dall’inizio alla fine senza camminare eccezion fatta per i quattro ristori dei 25-30-35-40, nei quali per riuscire a bere dai bicchieri ho fatto un paio di metri al passo.
Adesso il muro delle quattro ore non è più così lontano, ed i dodici minuti che devo limare mi sembrano poca cosa, “ il leone ruggirà ancora ” (no, meglio “ l’ariete abbatterà il muro ”, mi aiuta anche lo zodiaco).
Un’ultima riflessione: ma il signor Filippide, quel giorno di tanti anni fa, non poteva stare un po’ al bar con gli amici, anziché mettersi ad inventare ‘sta tortura ??
































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3^ Maratona delle Città del vino
Domenica 2 ottobre 2011

La canicola agostana era riuscita ad allontanarmi dalla corsa, all’aperto a malapena si camminava.
Il solo pensiero di aprire il file di excel relativo all’allenamento mi creava disagio, consapevole del fatto che dopo un giugno ed un luglio incredibilmente positivi per l’allenamento stavo saltando a piè pari settimane e settimane della tabella per Venezia: non riuscivo a correre per più di 30 chilometri.

A fine luglio un 25K ridimensionato a 17K, il 29K di ferragosto diventato 26K, un 20K sostituito, o quasi, da cross training, le due ultime settimane di agosto con una croce sopra….
Ed ancora caldo a settembre, ma finalmente 30 chilometri tutti di corsa ad inizio mese, il 36K dell’11 settembre ridotto a 20 chilometri, l’Euromarathon di metà mese conclusa per onor di firma….la preoccupazione aumenta ed il tempo a disposizione diminuisce….

I tempi sono sempre più stretti, devo mettere chilometri, e tanti, sulle gambe per presentarmi a Villa Pisani con almeno una parvenza di lunghi, un rimedio s’impone.
Cerco delle soluzioni alternative per correre comunque con il caldo ed individuo l’ultima possibilità per fare un lungo, e soprattutto per recuperarlo in tempo utile, a Manzano, in casa dei cugini friulani.
Sarà un’esperienza nuova: correrò una Maratona per allenamento, senza guardare troppo al cronometro ed approfittando dei ristori e degli spugnaggi per cercare di chiudere positivamente una fatica lunga 42 chilometri.

La gara parte da Manzano, toccando Buttrio, Orsaria e Firmano, in salita fino quasi alla Mezza, alla periferia di Cividale del Friuli.
Si passa nel centro storico della cittadina e dopo essere usciti attraversando il Ponte del Diavolo si prosegue in discesa in direzione di Dolegna, per poi percorrere gli ultimi 15 chilometri pianeggianti verso Vencò, ed oltre a Corno di Rosazzo, per chiudere il giro a Manzano.



Percorso di guerra, sia per la pendenza della prima parte che per i 30 gradi di temperatura che ci accompagneranno fino alla fine; senza contare poi il traffico automobilistico, che l’Organizzazione ha (ogni tanto) convogliato in un’unica corsia, ma che non manca di rendersi pericoloso, con gli specchietti retrovisori delle autovetture che fanno il filo ai gomiti dei runners.

E’ chiaro fin dall’inizio che non mi aspetto grosse prestazioni cronometriche, sia per le difficoltà oggettive della giornata che per il mio stato di forma: potrò considerarmi soddisfatto se riuscirò a chiuderla con onore.

Parto da casa alle 7:15 con l’amico Fabio, che viene da Belluno, anche lui alla ricerca di chilometri in vista di Venezia.
Il ragazzo è alla sua prima Maratona, ma corre in montagna: fa le Eco-Maratone ed ha un’altra cilindrata, secondo me può chiudere la corsa in poco più di tre ore.
Alla partenza troviamo il nostro amico Claudio, altro cavallo di razza da tre ore e sette a Berlino 2010.
Sono le otto e mezza del mattino, ma il sole già scotta sulla schiena e trascorro gli ultimi minuti prima della partenza rigorosamente all’ombra.
Ragazzi, per me fa già troppo caldo, non so se ce la faccio a finirla”.
Un po’ di positività….” – fa Fabio, che cento metri dopo la partenza è già lontano.
Chiuderà in 3 ore e 30, ritardato come tutti, ma neanche troppo, dai trenta gradi.

Dai primi chilometri affianco un gruppo che ha il mio stesso passo, attaccandomi al pacer delle 4 ore e 15, con il quale chiacchiero beatamente per otto chilometri.


Realizzo che non era quello che avrei dovuto fare e, complici la salita ed il gran caldo, rallento.
La parte fino alla Mezza passa tra spugnaggi promessi, ma di fatto non presenti, code di automobilisti fermi in fila che strombazzano al nostro passaggio e macchine “posteggiate” nei pressi di un centro equestre che restringono notevolmente lo spazio a disposizione per correre.
La scenografica Cividale e lo spettacolare Ponte del Diavolo fungono da ottimo viatico alle già stanche membra, facilitando la corsa che per tre-quattro chilometri si svolge adesso in discesa.
Si entra nella zona del Collio e maestose verdi colline si profilano all’orizzonte, mentre a sinistra il Monte Canin svetta con i suoi 2.587 metri.
Con un secco cambio di direzione la strada volge decisamente a sud ed il sole, ormai quasi allo zenith, scotta forte sulla fronte e sulle spalle.
Che zona bellissima!! C’è un attimo nel quale mi sento particolarmente bene: cielo azzurro, nessuno davanti né dietro, silenzio rotto solo dal rumore delle mie scarpe, qualche graspo ancora attaccato nelle vigne che emanano un deciso odore di uva fragola….poesia….
Cerco i tratti all’ombra, anche se molte volte preferisco tagliare le curve per compiere il tragitto minore.
Il caldo è sfiancante, stento a recuperare pur non essendoci più salita e percorro lunghi tratti al passo: cammino all’ombra e corro al sole, così il fresco dura di più ed il caldo finisce prima.
I chilometri centrali sono i più duri, con sempre meno vegetazione ai lati della strada e con un sole sempre più forte sulla testa.
C’è poca gente in giro; qualche vecchietto in osteria seduto all’ombra, più avanti un agriturismo con diversi avventori….pochissima gente lungo la strada.
Penso che in fondo potrei ritirarmi, ormai ho superato il trentesimo, anche se non la finisco ho pur sempre fatto un lungo….già, ma magari riesco a farne 36….vediamo un po’ come prosegue….

Adesso è sofferenza pura!! Strada in falsopiano, asfalto bollente e stanchezza sempre più grande.
Due provvidenziali docce private con tubo di gomma e spruzzo al 34° ed al 36° chilometro risollevano il morale ed un ristoro verso il 38°, anche questo privato, ricarica le batterie.

Giunto a questo punto ritirarsi è assurdo, anche se il caldo e la stanchezza mi costringono a camminare sempre di più e le gambe sono sempre più pesanti.
Stringo i denti, ormai mancano pochi chilometri.
Ai lati della strada c’è gente che incita ed applaude, ed un “FORZA !!” arriva al momento giusto.
Entro a Manzano, ancora due lunghi rettilinei….passo il 42° chilometro e dietro la curva finalmente il gonfiabile dell’arrivo.
Taglio il traguardo da solo, in quel momento non c’è nessuno prima né dopo di me….i quattro-cinque “BRAVO !!” sono quindi tutti per me e mi regalano un attimo di felicità.
Mi godo il momento fino alla fine, con la ragazza sorridente che mi infila al collo la medaglia di finisher e Fabio ad aspettarmi, un’ora e mezza dopo il suo arrivo.

Il tempo finale di 5h 8’ 15” non è certo una bella prestazione, ma poco importa, oggi non cercavo il risultato.
Sono partito, poco convinto, per un lungo assistito (tra l’altro su questo stendo un pietoso velo….) ed ho portato a casa una Maratona, fermandomi ad ogni ristoro, mangiando pezzi di banana e bevendo comodamente con calma fino a quando ne avevo voglia, con l’ultimo chilometro corso “alla Tergat”.
E l’unica spugna che ho gettato è stata quella per bagnarmi il viso ogni cinque chilometri….e poi, soddisfazione massima, avevo un pettorale da top runner che più top non si può....e quando mi capita un'altra volta ??





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26^ Maratona di Venezia
Domenica 23 ottobre 2011


Cronaca di un crollo controllato

tic tac  tic tac  tic tac  tic tac….“Questo qua mi tiene sveglio tutta la notte” – meditavo, mentre invece per fortuna il signor Morfeo mi stava accogliendo tra le sue braccia.
L’ultima volta prima di addormentarmi l’ho sentito a mezzanotte, per ritrovarlo puntuale come solo lui sa esserlo qualche ora dopo, alle 4:45, quando mi sono bruscamente destato per accendere il cellulare che temevo non avesse suonato per svegliarmi all’ora stabilita.
E’ troppo presto, ma di riaddormentarsi non se ne parla proprio….almeno fino a due minuti prima delle 6:00, con la sgradevole grattata della vibrazione sulla sedia di legno, dove il telefono è adagiato, che mi sveglia di soprassalto.
Poche ore ma buone, quando mi alzo l’organismo funziona a dovere ed il liquido corporeo di colore rosso inizia a circolare con la dovuta pressione negli organi vitali.
Mentre ultimo la “vestizione dell’atleta” chiudendo la lampo della tuta, entra Fabio, che occupava un’altra stanza del B&B; sottovoce per non svegliare orza e orzetto prepariamo la moka, il latte, i biscotti e la marmellata.

Ebbene sì, contrariamente a quanto preventivato ci sono ricascato, il percorso della Maratona di Venezia è troppo bello ed unico al mondo per non approfittarne !!
E c’è stata anche la premeditazione, non lo nego: anche quest’anno tabella iniziata a metà giugno, cercando di dimenticare in toto i mesi di marzo e aprile .
E per dire la verità tutto procedeva secondo i piani, con la parte di qualità del programma seguita come da manuale….ma quando, in agosto, si è presentato il momento di aumentare le distanze, beh, allora il discorso è cambiato, e di molto.
Gli allenamenti di due intere settimane saltati a piè pari; tre lunghi tagliati per “sopravvenute cause di forza maggiore”, concretizzatesi nelle proibitive temperature africane; un unico 30K corso (e per fortuna bene) approfittando del temporale in arrivo e concluso fra sudore e pioggia.
Il 2 ottobre mi gioco il jolly, cercando di rimediare in qualche modo alla scarsità di chilometri nell’allenamento….sarà servito ??
Un’ottima prima ed una pessima seconda parte della preparazione….e quindi ?? la partenza da Strà il 23 ottobre è fuori discussione, ma come arriverò a Venezia ??

Dopo la prima settimana di ottobre le temperature sono per fortuna rientrate nella normalità della stagione, le previsioni per il giorno della Maratona indicano tempo sereno e possibilità di vento, in un periodo dell’anno nel quale i 5°-6° del mattino fanno battere i denti.
Il classico abbigliamento da “runner pre-partenza” è quindi d’obbligo e mi organizzo di conseguenza, “sacrificando” il solito sacco delle immondizie ed un paio di vecchi calzettoni del servizio militare.
 

Inutilmente, perché quando a Strà scendiamo dal pullman quella che si preannuncia è una bellissima giornata, con le prime strisce rosse del sole che colorano il cielo dietro le Dolomiti ed un’atmosfera piacevolmente secca che allontana il ricordo della bruma dell’anno scorso.
 
I minuti che precedono la partenza trascorrono, come al solito, tra dichiarazioni di intenti, scelta di compagni d’avventura e previsioni meteorologiche.

Mantengo l’abbigliamento estivo perché non sono previste precipitazioni ed è annunciato solo un po’ di vento verso la tarda mattinata e, dopo aver lasciato il sacco con la tuta ed il ricambio nel camion diretto a Venezia, entro in gabbia.
Nonostante la preparazione deficitaria, sono d’accordo con Davide di tentare l’attacco al muro delle 4 ore (….illuso….), anche Paolo sarà dei nostri; con noi c’è anche Carlo, con un PB già sotto i 240 minuti da migliorare, e due suoi amici.

Si parte, mi sento proprio bene !!
Il sole comincia a scaldare e dopo il solito marasma dei primi chilometri per schivare top runners falsamente autodichiaratisi nell’intento di guadagnare posizioni in griglia di partenza, il ritmo si assesta sulla velocità di crociera, tra i 5’ 35” e i 5’ 40”/Km.
Il mio passo è simile a quello di Carlo, ingegnere di nome e di fatto, che si è stampato una pocket-tabella che consulta ad ogni chilometro e che ci permette di mantenere la media, mentre gli altri quattro del gruppo “vanno e vengono”.
- “Carlo, 5’ 30”/Km, siamo troppo veloci !!
- “Sì, rallentiamo un po’….
- “Nick, 5’ 28”/Km, corriamo troppo, dobbiamo imporci !!
- “OK Carlo….
e così via, con una punta di 5’ 23” per percorrere il 12° chilometro, il più veloce della gara.
Ma mi sento proprio bene, le gambe girano senza fatica; ho chiaro in testa l’obiettivo e sto gestendo al meglio le energie, senza nessun problema, sento che ce la sto facendo e penso intensamente alla seconda parte del percorso, ansioso di arrivarci.
Pur con una temperatura di 6° riesco a sudare, tra le risatine dei “colleghi”.

Verso il 18° avverto un improvviso calo di potenza, accompagnato da un leggero dolore muscolare che si diffonde dalla zona basso renale-inizio chiappa e percorre tutta la gamba fino al polpaccio, allargandosi davanti anche al quadricipite.
Le gambe diventano via via sempre più rigide e ciò mi costringe a rallentare, mi sembra di avere due pezzi di legno, non riesco più a spingere.
Ragiono ed attribuisco il tutto ad un qualche calo di zuccheri, o comunque al bisogno di mangiare qualcosa; strano, per quattro giorni mi sono fatto pasta per pranzo e per cena, le scorte di glicogeno nel fegato dovrebbero essere al massimo, come confermato dagli spaghetti che ormai mi escono dalle orecchie….
Decido quindi di anticipare il gel che di solito prendo al passaggio della Mezza, nella speranza che la sensazione di pesantezza alle gambe diminuisca….no, non è per questo, il gel non mi dà alcun giovamento.
Mentre Carlo si fa ad ogni passo più lontano io concludo il 18° in 5’ 42”: lui ha nel mirino i pacer delle 4 ore, si gira e gli grido “VAI !!
Con uno spropositato impegno riesco a correre il 19° in 5’ 37”, ma le gambe non rispondono più e nei successivi chilometri la mia andatura crolla tra i 5’ 50” ed i 6’/Km.
Gambe andate, e con loro i miei sogni di gloria !!

Attorno al 20° chilometro inizia a soffiare il vento, per dire la verità non ancora freddo, anzi, mi asciuga il sudore ed è piacevole.
Anche se riesco a passare alla Mezza sotto le due ore, l' espressione negative split non ha ancora per me alcun significato tecnico-sportivo, e capisco che il muro delle 4 ore finali è destinato a rimane ancora invalicabile.
Consapevole di ciò, me ne faccio una ragione e continuo, godendomi il calore del pubblico e le bellezze dei luoghi attraversati, cercando comunque la migliore prestazione possibile.


Al ristoro del 25° sostituisco l’acqua con i sali e mangio due pezzi di banana.

Il sole se ne va dietro le nuvole ed il leggero venticello si fa sempre più deciso, abbassando la temperatura: adesso la sensazione di freddo si percepisce perché il sudore rimane addosso e l’aria lo raffredda.


Le gambe sono sempre rigide e ingestibili, adesso ancora più di prima perché non riesco proprio a riscaldarle con il movimento: nei brevi tratti di discesa del sottopassaggio di Mestre e del parco di S. Giuliano provo a rilassarle ed a scendere senza spingere, buttando i talloni in avanti, ma è ancora peggio, i polpacci mi "tirano".
Al ristoro del 30° mi fermo per mangiare e bere, e ne approfitto per alleggerire un po’ le gambe, il disagio che avverto è troppo forte.
Adesso l’aria è quasi fredda.
Bevo un bicchiere di sali e mangio di nuovo un paio di pezzi di banana….fredda, è molto fredda, non la devo inghiottire subito, potrebbe farmi male allo stomaco.
Ancora due spicchi di mela ed un altro bicchiere….vado.
Cerco di autoconvincermi che sto bene, ma serve a poco, le gambe non accennano a partecipare alla mia gioia.
Sono comunque fiducioso, non mi sento debole e sento di riuscire ad arrivare alla fine, bene o male ce la farò.
A smontare il mio entusiasmo ci pensano i pacer delle 4 ore e 15, che con il loro codazzo di seguaci mi passano allegramente, senza degnarmi di uno sguardo.
Da qua in poi è solo questione di testa” – fa l’uomo dei palloncini a quelli che lo seguono….
Ah sì ?? davvero ??” – penso io tra me e me….

Lungo il Ponte della Libertà le gambe sono talmente rigide che in un paio di punti non le sento e devo camminare per qualche decina di metri.
Sono infastidito perché la forza non mi manca, ma non riesco ad applicarla agli arti inferiori, rigidi e insensibili agli stimoli che invio loro.
Mi tornano in mente le ultime settimane della preparazione, le prove sul passo da tenere in gara ed i test per stabilire quale avrebbe potuto essere il tempo finale, fatti quasi a voler esorcizzare l’incognita che inevitabilmente accompagna sempre questa avventura.
Penso all’anno scorso quando, con lo sguardo basso ed una volontà che mi faceva volare, ho percorso questi quattro chilometri senza star tanto a pensarci su, vedendo gli altri in difficoltà e traendone quasi uno stimolo a continuare.
Anche quest’oggi c’è tanta gente in difficoltà, ma per me non è proprio come un anno fa, oggi procedo a fatica.
Arrivo al ristoro dei 35 chilometri, ma decido di proseguire senza fermarmi, non ho bisogno di bere né di mangiare, voglio solo arrivare prima possibile al traguardo.
Apro anche il secondo gel, circostanza mai avvenuta nelle altre Maratone che ho corso, ma oggi senza un ulteriore supplemento di energia non ce la faccio, voglio correre da adesso fino alla fine senza fermarmi.
Arrivo alla salitella del 37° chilometro, con la quale il ponte si conclude (e io avrei corso su questa salita anche l’anno scorso ??); qua ad incoraggiarmi ci sono quei pazzi degli amici del Forum, che dispensano grida, scampanellate e manate sulle spalle a tutti i passanti, con un trattamento di riguardo per gli utenti del suddetto Forum.

Da un paio di chilometri la stanchezza ha preso il sopravvento e cerco di centellinare ogni movimento, eliminando il superfluo.
Ne fanno un po’ le spese Floriana, Marcello e Riccardo, gli amici del 37°, ai quali riesco a rivolgere unicamente uno sguardo, un cenno con la mano e mezzo sorriso.
Ormai sono alle porte di Venezia, nella zona portuale, il ponte è alle spalle.
Tiro dritto anche al ristoro del 40° chilometro, non sento di avere bisogno di nutrirmi, anzi, se non fosse per la rigidità alle gambe potrei dire di stare bene, con la sola presenza della stanchezza di chi corre da ormai più di quattro ore.

Davanti a me si profila il primo dei quattordici ponti che chiudono il percorso, gioia e dolore dei partecipanti.
Ghe semo(ci siamo, per i non triveneti) – faccio, guardando il runner che ho accanto, mentre lui nella sua lingua probabilmente mi sta dicendo la stessa cosa con lo stesso sorriso ironico, a metà tra lo sconforto e la gioia di essere arrivato alle mosse finali.
Non va, quest’anno non va: l’anno scorso li dominavo, i ponti, saltavo in salita pieno di energia e scendevo con decisione dall’altra parte; quest’anno li subisco, non riesco ad affrontarli con risolutezza e la parte in discesa quasi mi spaventa.
Nemmeno il ponte di barche sul Canal Grande, che un anno fa mi sono tanto divertito a percorrere, riesce a procurarmi piacere.
Si entra adesso in Piazza S. Marco, quasi a compiere un giro d’onore tra gli applausi della tanta gente dietro le transenne.
 


Vedo che orza e orzetto sono ad aspettarmi e ad incitarmi all’ingresso in Piazza; un po’ lo speravo, anche se non sapevo esattamente dove li avrei trovati e per questo mi sono imposto di correre senza fermarmi gli ultimi chilometri.
La scossa che il sorrisone di orzetto e le grida di orza mi provocano è un’ iniezione di energia che nemmeno una doppia dose di gel endovena riuscirebbe a procurarmi !!
Esco dalla Piazza e mi blocco per baciare mio figlio, noncurante dei pacer delle 4 ore e 30 che stanno arrivando: due baci, uno di qua e uno di là, GRAZIE !! papà ce l’ha quasi fatta !!

E’ come a Trieste, la mia prima Maratona: anche là avevo pochi chilometri sulle gambe, anche là ho sofferto.
A Trieste mancavano ancora due chilometri, qua un po’ meno, ma ci sono ancora sette ponti fra me ed il traguardo.


Adesso vado deciso e riesco ad accelerare, questa volta quelli delle 4 ore e 30 non mi prendono !!

 



















Posso già sentire lo speaker all’arrivo, passo gli ultimi ponti senza esitazione, faticando ma deciso, uno dopo l’altro....non mi fermo....allungo….allungo….
 

il cronometro sul traguardo mi dà ragione…ce la faccio…ce l’ho fatta !!
Passo la linea del traguardo quando il display indica 4 ore e 29, real time 4h 25’ 10".

Ma sto in piedi a fatica, non sento più le gambe.
La medaglia….camminando a stento arrivo al deposito delle sacche e ritiro la mia….ho bisogno di sedermi, ma non posso ancora rilassarmi, non c’è spazio….c’è tanta gente, voglio fermarmi da qualche parte….devo salire ancora un ponte per arrivare al giardino….finalmente trovo un posto, su una pila di panche, accatastate l’una sull’altra, chiuse….non  fa niente, mi fermo qua, non ce la faccio più !!

Questa è la Maratona, quattro mesi di sacrifici, sforzi e rinunce; si soffre, si gioisce, si sta male, si sogna.
Ci si impone un traguardo e si fa di tutto per arrivarci, armati solo della propria volontà quando anche la ragione lo vieterebbe, consapevoli che sarebbe sufficiente un banale raffreddore per rovinare tutto.
Questa è la Maratona, è la Regina, comanda Lei: crea imprevisti o asseconda il tuo stato fisico, ma alla fine decide Lei se e come finirai.
Questa è la Maratona, un viaggio lungo 42,195 Km, ma prima ancora un viaggio dentro a se stessi, una prova di forza che dura quattro mesi e dei quali la gara è solo l’attimo finale.
Questa è la Maratona, non perdona, ma a noi piace che sia così, difficile, ostica, scontrosa, imprevedibile: la si ama o la si odia.
Questa è la Maratona, e mi commuove sempre, anche questa volta quando, seduto nell’attesa che le forze ritornino, un fremito mi percorre la nuca e la voglia di piangere mi assale con un singhiozzo.

E adesso ho capito chi c’è ogni volta con me in quei momenti: ciao Mamma !!