"La scuola di guerra della vita", Friedrich Nietzsche:

Quel che non mi uccide, mi rende più forte"

(Friedrich Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, 1888)

"Se dopo aver accompagnato tuo figlio in palestra, aspettando seduto nello spogliatoio e pensando alla gara del giorno prima, con la calcolatrice del cellulare cominci a calcolare:

- a che passo avresti dovuto correre per arrivare cinque minuti prima;

- che tempo avresti fatto se ai 10 chilometri fossi arrivato ad una media inferiore di 5 secondi al chilometro;

- a che media affronterai la prossima gara volendo migliorare il tuo PB di almeno 10 minuti

allora le possibilità sono due: o sei un runner o sei cerebroleso, e non è detto che una escluda l'altra....”
(orzo)
....certo che noi runners siamo proprio strani....
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domenica 30 settembre 2012

Sempre in ritardo con i post, ancora gare di marzo.




Kokoš Trail
 Domenica 11 marzo 2012


Una mattinata frescolina dà il benvenuto all’Edizione zero di questo trail Memorial Virgilio Zecchini che, volendo prendere in considerazione parametri importanti come comodità di raggiungimento della partenza, bellezza del percorso, difficoltà tecniche ed organizzazione pre e post-gara, si preannuncia come uno dei migliori della mia zona.
La corsa prende il nome dal Monte Concusso (Kokoš in sloveno), la più alta cima del Carso italiano, che verrà salito nella parte finale della gara.
Non mi sento troppo in forma, e la conferma l’ho avuta una settimana fa a Gorizia, dove ho faticato non poco.
La giornata però mi ispira, c’è un bel sole e la zona è una delle mie preferite per correre: farò del mio meglio.

Nelle vicinanze all’abitato di Basovizza, frazione di Trieste a quota 300 metri, più di 350 trailer si danno appuntamento alle dieci della mattina di una domenica ancora invernale nelle temperature, ma già primaverile per gli odori e per il rifiorire della vegetazione, per percorrere la distanza ufficiale di 13,5 Km (il Garmin poi segnerà 14,23 Km), con un dislivello positivo di 650 metri.
La partenza è fissata in prossimità del Monumento nazionale della Foiba di Basovizza, per percorrere i primi 600 metri sull’asfalto e poi girare a destra nel bosco, seguendo il primo tratto sterrato.



Dopo due chilometri la visuale si apre sul Golfo di Trieste, 





















mentre si prosegue lambendo il ciglio della Val Rosandra, splendido esempio di canyon montano a duecento metri di quota, in uno scenario divenuto non a caso Parco naturale.

L’affluenza è notevole, come anzidetto, e gli scarsi spazi a disposizione, confinati tra gli alberi che si abbassano sul tracciato e le rocce smosse qua e là, costringono i più a procedere incolonnati, mentre i primi si involano senza apparente fatica.

Il gruppo si allunga e si accorcia, la fisarmonica umana rallenta in prossimità della prima discesa, a tre chilometri dal via; qui il rischio di caduta è elevato a causa della presenza del fondo marnoso, friabile, che obbliga a prestare particolare attenzione.



Dopo circa un chilometro la discesa termina e si è in Valle, per percorrere un altro chilometro lungo la ex linea ferroviaria Trieste-Erpelle (ora ciclabile), fino a girare decisamente a sinistra per affrontare, al quinto chilometro, il tratto più ripido e più duro del percorso: mille metri estenuanti che riportano sull’altipiano, sulla cima del Monte Stena, a 440 metri di quota.


E’ un tratto davvero molto faticoso e si comincia a "contare le prime vittime".



Quando finalmente spiana, le gambe sono indurite dalla salita e ci vuole un po’ per riprendere a correre decentemente.
Il percorso prosegue in falsopiano all’interno di un bosco, attraversa un paio di strade asfaltate e dopo circa tre chilometri intercetta la Statale che conduce al valico di Pese, dove è stato predisposto un punto di ristoro.
Sono oltre la metà del percorso, finora ho gestito abbastanza bene lo sforzo, nonostante la scarsa preparazione fisica e la dura salita; riesco ancora a controllare bene le gambe e sono rinfrancato dal vedere che comunque non ho troppo ritardo rispetto al gruppo.
Si risale ore la pendice meridionale del Monte Concusso.
Il sentiero porta alla cima, 670 metri di quota, che segna la fine delle fatiche maggiori; da adesso in poi tanta discesa, divertente, tra gli alberi, saltando da un masso all’altro.

Discesa che è il mio forte, perché la sensazione è quella di volare, e che affronto con grande entusiasmo ed elevata velocità, compiacendomi dei sorpassi che riesco ad effettuare.
Purtroppo però non tutte le ciambelle riescono con il buco ed un salto mal calcolato mi fa sbattere la punta del piede sinistro su una roccia sporgente, quasi inciampando.


Riesco a stare in piedi per miracolo, ma porterò per lungo tempo l’unghia dell’alluce annerita come ricordo di una discesa forse un po’ sottovalutata nei suoi tratti più tecnici, affrontata comunque con eccessiva disinvoltura.
Per tre minuti vedo le stelle in cielo anche se splende il sole, ma mi sforzo di continuare la corsa, perché valuto che fermandomi sarebbe poi impossibile riprendere a correre.
Gli ultimi due chilometri pianeggianti sembrano non finire più, e, claudicante, sogno il traguardo dietro ogni curva del sentiero.
Finalmente si profila il campo sportivo con l’arrivo, un ultimo sprint e ci sono.
Tempo impiegato 1h 59’ 08”; ho perso molte posizioni in salita e nel tratto finale.

Il dopo gara è piacevole e corroborante, a base di jota e birra artigianale.
E naturalmente ci sono le premiazioni, ma di fronte a questo ben di Dio gastronomico è una gioia non essere tra i primi per godere una seconda volta di un piatto di tale bontà.