"La scuola di guerra della vita", Friedrich Nietzsche:

Quel che non mi uccide, mi rende più forte"

(Friedrich Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, 1888)

"Se dopo aver accompagnato tuo figlio in palestra, aspettando seduto nello spogliatoio e pensando alla gara del giorno prima, con la calcolatrice del cellulare cominci a calcolare:

- a che passo avresti dovuto correre per arrivare cinque minuti prima;

- che tempo avresti fatto se ai 10 chilometri fossi arrivato ad una media inferiore di 5 secondi al chilometro;

- a che media affronterai la prossima gara volendo migliorare il tuo PB di almeno 10 minuti

allora le possibilità sono due: o sei un runner o sei cerebroleso, e non è detto che una escluda l'altra....”
(orzo)
....certo che noi runners siamo proprio strani....
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domenica 30 ottobre 2011

26^ Maratona di Venezia
Domenica 23 ottobre 2011


Cronaca di un crollo controllato

tic tac  tic tac  tic tac  tic tac….“Questo qua mi tiene sveglio tutta la notte” – meditavo, mentre invece per fortuna il signor Morfeo mi stava accogliendo tra le sue braccia.
L’ultima volta prima di addormentarmi l’ho sentito a mezzanotte, per ritrovarlo puntuale come solo lui sa esserlo qualche ora dopo, alle 4:45, quando mi sono bruscamente destato per accendere il cellulare che temevo non avesse suonato per svegliarmi all’ora stabilita.
E’ troppo presto, ma di riaddormentarsi non se ne parla proprio….almeno fino a due minuti prima delle 6:00, con la sgradevole grattata della vibrazione sulla sedia di legno, dove il telefono è adagiato, che mi sveglia di soprassalto.
Poche ore ma buone, quando mi alzo l’organismo funziona a dovere ed il liquido corporeo di colore rosso inizia a circolare con la dovuta pressione negli organi vitali.
Mentre ultimo la “vestizione dell’atleta” chiudendo la lampo della tuta, entra Fabio, che occupava un’altra stanza del B&B; sottovoce per non svegliare orza e orzetto prepariamo la moka, il latte, i biscotti e la marmellata.

Ebbene sì, contrariamente a quanto preventivato ci sono ricascato, il percorso della Maratona di Venezia è troppo bello ed unico al mondo per non approfittarne !!
E c’è stata anche la premeditazione, non lo nego: anche quest’anno tabella iniziata a metà giugno, cercando di dimenticare in toto i mesi di marzo e aprile .
E per dire la verità tutto procedeva secondo i piani, con la parte di qualità del programma seguita come da manuale….ma quando, in agosto, si è presentato il momento di aumentare le distanze, beh, allora il discorso è cambiato, e di molto.
Gli allenamenti di due intere settimane saltati a piè pari; tre lunghi tagliati per “sopravvenute cause di forza maggiore”, concretizzatesi nelle proibitive temperature africane; un unico 30K corso (e per fortuna bene) approfittando del temporale in arrivo e concluso fra sudore e pioggia.
Il 2 ottobre mi gioco il jolly, cercando di rimediare in qualche modo alla scarsità di chilometri nell’allenamento….sarà servito ??
Un’ottima prima ed una pessima seconda parte della preparazione….e quindi ?? la partenza da Strà il 23 ottobre è fuori discussione, ma come arriverò a Venezia ??

Dopo la prima settimana di ottobre le temperature sono per fortuna rientrate nella normalità della stagione, le previsioni per il giorno della Maratona indicano tempo sereno e possibilità di vento, in un periodo dell’anno nel quale i 5°-6° del mattino fanno battere i denti.
Il classico abbigliamento da “runner pre-partenza” è quindi d’obbligo e mi organizzo di conseguenza, “sacrificando” il solito sacco delle immondizie ed un paio di vecchi calzettoni del servizio militare.
 

Inutilmente, perché quando a Strà scendiamo dal pullman quella che si preannuncia è una bellissima giornata, con le prime strisce rosse del sole che colorano il cielo dietro le Dolomiti ed un’atmosfera piacevolmente secca che allontana il ricordo della bruma dell’anno scorso.
 
I minuti che precedono la partenza trascorrono, come al solito, tra dichiarazioni di intenti, scelta di compagni d’avventura e previsioni meteorologiche.

Mantengo l’abbigliamento estivo perché non sono previste precipitazioni ed è annunciato solo un po’ di vento verso la tarda mattinata e, dopo aver lasciato il sacco con la tuta ed il ricambio nel camion diretto a Venezia, entro in gabbia.
Nonostante la preparazione deficitaria, sono d’accordo con Davide di tentare l’attacco al muro delle 4 ore (….illuso….), anche Paolo sarà dei nostri; con noi c’è anche Carlo, con un PB già sotto i 240 minuti da migliorare, e due suoi amici.

Si parte, mi sento proprio bene !!
Il sole comincia a scaldare e dopo il solito marasma dei primi chilometri per schivare top runners falsamente autodichiaratisi nell’intento di guadagnare posizioni in griglia di partenza, il ritmo si assesta sulla velocità di crociera, tra i 5’ 35” e i 5’ 40”/Km.
Il mio passo è simile a quello di Carlo, ingegnere di nome e di fatto, che si è stampato una pocket-tabella che consulta ad ogni chilometro e che ci permette di mantenere la media, mentre gli altri quattro del gruppo “vanno e vengono”.
- “Carlo, 5’ 30”/Km, siamo troppo veloci !!
- “Sì, rallentiamo un po’….
- “Nick, 5’ 28”/Km, corriamo troppo, dobbiamo imporci !!
- “OK Carlo….
e così via, con una punta di 5’ 23” per percorrere il 12° chilometro, il più veloce della gara.
Ma mi sento proprio bene, le gambe girano senza fatica; ho chiaro in testa l’obiettivo e sto gestendo al meglio le energie, senza nessun problema, sento che ce la sto facendo e penso intensamente alla seconda parte del percorso, ansioso di arrivarci.
Pur con una temperatura di 6° riesco a sudare, tra le risatine dei “colleghi”.

Verso il 18° avverto un improvviso calo di potenza, accompagnato da un leggero dolore muscolare che si diffonde dalla zona basso renale-inizio chiappa e percorre tutta la gamba fino al polpaccio, allargandosi davanti anche al quadricipite.
Le gambe diventano via via sempre più rigide e ciò mi costringe a rallentare, mi sembra di avere due pezzi di legno, non riesco più a spingere.
Ragiono ed attribuisco il tutto ad un qualche calo di zuccheri, o comunque al bisogno di mangiare qualcosa; strano, per quattro giorni mi sono fatto pasta per pranzo e per cena, le scorte di glicogeno nel fegato dovrebbero essere al massimo, come confermato dagli spaghetti che ormai mi escono dalle orecchie….
Decido quindi di anticipare il gel che di solito prendo al passaggio della Mezza, nella speranza che la sensazione di pesantezza alle gambe diminuisca….no, non è per questo, il gel non mi dà alcun giovamento.
Mentre Carlo si fa ad ogni passo più lontano io concludo il 18° in 5’ 42”: lui ha nel mirino i pacer delle 4 ore, si gira e gli grido “VAI !!
Con uno spropositato impegno riesco a correre il 19° in 5’ 37”, ma le gambe non rispondono più e nei successivi chilometri la mia andatura crolla tra i 5’ 50” ed i 6’/Km.
Gambe andate, e con loro i miei sogni di gloria !!

Attorno al 20° chilometro inizia a soffiare il vento, per dire la verità non ancora freddo, anzi, mi asciuga il sudore ed è piacevole.
Anche se riesco a passare alla Mezza sotto le due ore, l' espressione negative split non ha ancora per me alcun significato tecnico-sportivo, e capisco che il muro delle 4 ore finali è destinato a rimanere ancora invalicabile.
Consapevole di ciò, me ne faccio una ragione e continuo, godendomi il calore del pubblico e le bellezze dei luoghi attraversati, cercando comunque la migliore prestazione possibile.


Al ristoro del 25° sostituisco l’acqua con i sali e mangio due pezzi di banana.

Il sole se ne va dietro le nuvole ed il leggero venticello si fa sempre più deciso, abbassando la temperatura: adesso la sensazione di freddo si percepisce perché il sudore rimane addosso e l’aria lo raffredda.


Le gambe sono sempre rigide e ingestibili, adesso ancora più di prima perché non riesco proprio a riscaldarle con il movimento: nei brevi tratti di discesa del sottopassaggio di Mestre e del parco di S. Giuliano provo a rilassarle ed a scendere senza spingere, buttando i talloni in avanti, ma è ancora peggio, i polpacci mi "tirano".
Al ristoro del 30° mi fermo per mangiare e bere, e ne approfitto per alleggerire un po’ le gambe, il disagio che avverto è troppo forte.
Adesso l’aria è quasi fredda.
Bevo un bicchiere di sali e mangio di nuovo un paio di pezzi di banana….fredda, è molto fredda, non la devo inghiottire subito, potrebbe farmi male allo stomaco.
Ancora due spicchi di mela ed un altro bicchiere….vado.
Cerco di autoconvincermi che sto bene, ma serve a poco, le gambe non accennano a partecipare alla mia gioia.
Sono comunque fiducioso, non mi sento debole e sento di riuscire ad arrivare alla fine, bene o male ce la farò.
A smontare il mio entusiasmo ci pensano i pacer delle 4 ore e 15, che con il loro codazzo di seguaci mi passano allegramente, senza degnarmi di uno sguardo.
Da qua in poi è solo questione di testa” – fa l’uomo dei palloncini a quelli che lo seguono….
Ah sì ?? davvero ??” – penso io tra me e me….

Lungo il Ponte della Libertà le gambe sono talmente rigide che in un paio di punti non le sento e devo camminare per qualche decina di metri.
Sono infastidito perché la forza non mi manca, ma non riesco ad applicarla agli arti inferiori, rigidi e insensibili agli stimoli che invio loro.
Mi tornano in mente le ultime settimane della preparazione, le prove sul passo da tenere in gara ed i test per stabilire quale avrebbe potuto essere il tempo finale, fatti quasi a voler esorcizzare l’incognita che inevitabilmente accompagna sempre questa avventura.
Penso all’anno scorso quando, con lo sguardo basso ed una volontà che mi faceva volare, ho percorso questi quattro chilometri senza star tanto a pensarci su, vedendo gli altri in difficoltà e traendone quasi uno stimolo a continuare.
Anche quest’oggi c’è tanta gente in difficoltà, ma per me non è proprio come un anno fa, oggi procedo a fatica.
Arrivo al ristoro dei 35 chilometri, ma decido di proseguire senza fermarmi, non ho bisogno di bere né di mangiare, voglio solo arrivare prima possibile al traguardo.
Apro anche il secondo gel, circostanza mai avvenuta nelle altre Maratone che ho corso, ma oggi senza un ulteriore supplemento di energia non ce la faccio, voglio correre da adesso fino alla fine senza fermarmi.
Arrivo alla salitella del 37° chilometro, con la quale il ponte si conclude (e io avrei corso su questa salita anche l’anno scorso ??); qua ad incoraggiarmi ci sono quei pazzi degli amici del Forum, che dispensano grida, scampanellate e manate sulle spalle a tutti i passanti, con un trattamento di riguardo per gli utenti del suddetto Forum.

Da un paio di chilometri la stanchezza ha preso il sopravvento e cerco di centellinare ogni movimento, eliminando il superfluo.
Ne fanno un po’ le spese Floriana, Marcello e Riccardo, gli amici del 37°, ai quali riesco a rivolgere unicamente uno sguardo, un cenno con la mano e mezzo sorriso.
Ormai sono alle porte di Venezia, nella zona portuale, il ponte è alle spalle.
Tiro dritto anche al ristoro del 40° chilometro, non sento di avere bisogno di nutrirmi, anzi, se non fosse per la rigidità alle gambe potrei dire di stare bene, con la sola presenza della stanchezza di chi corre da ormai più di quattro ore.

Davanti a me si profila il primo dei quattordici ponti che chiudono il percorso, gioia e dolore dei partecipanti.
Ghe semo” (ci siamo, per i non triveneti) – faccio, guardando il runner che ho accanto, mentre lui nella sua lingua probabilmente mi sta dicendo la stessa cosa con lo stesso sorriso ironico, a metà tra lo sconforto e la gioia di essere arrivato alle mosse finali.
Non va, quest’anno non va: l’anno scorso li dominavo, i ponti, saltavo in salita pieno di energia e scendevo con decisione dall’altra parte; quest’anno li subisco, non riesco ad affrontarli con risolutezza e la parte in discesa quasi mi spaventa.
Nemmeno il ponte di barche sul Canal Grande, che un anno fa mi sono tanto divertito a percorrere, riesce a procurarmi piacere.
Si entra adesso in Piazza S. Marco, quasi a compiere un giro d’onore tra gli applausi della tanta gente dietro le transenne.
 


Vedo che orza e orzetto sono ad aspettarmi e ad incitarmi all’ingresso in Piazza; un po’ lo speravo, anche se non sapevo esattamente dove li avrei trovati e per questo mi sono imposto di correre senza fermarmi gli ultimi chilometri.
La scossa che il sorrisone di orzetto e le grida di orza mi provocano è un’ iniezione di energia che nemmeno una doppia dose di gel endovena riuscirebbe a procurarmi !!
Esco dalla Piazza e mi blocco per baciare mio figlio, noncurante dei pacer delle 4 ore e 30 che stanno arrivando: due baci, uno di qua e uno di là, GRAZIE !! papà ce l’ha quasi fatta !!

























E’ come a Trieste, la mia prima Maratona: anche là avevo pochi chilometri sulle gambe, anche là ho sofferto.
A Trieste mancavano ancora due chilometri, qua un po’ meno, ma ci sono ancora sette ponti fra me ed il traguardo.


Adesso vado deciso e riesco ad accelerare, questa volta quelli delle 4 ore e 30 non mi prendono !!

 



















Posso già sentire lo speaker all’arrivo, passo gli ultimi ponti senza esitazione, faticando ma deciso, uno dopo l’altro....non mi fermo....allungo….allungo….
 

il cronometro sul traguardo mi dà ragione…ce la faccio…ce la faccio....ce l’ho fatta !!
Passo la linea del traguardo quando il display indica 4 ore e 29, real time 4h 25’ 10".

Ma sto in piedi a fatica, non sento più le gambe.
La medaglia….camminando a stento arrivo al deposito delle sacche e ritiro la mia….ho bisogno di sedermi, ma non posso ancora rilassarmi, non c’è spazio….c’è tanta gente, voglio fermarmi da qualche parte….devo salire ancora un ponte per arrivare al giardino….finalmente trovo un posto, su una pila di panche, accatastate l’una sull’altra, chiuse….non  fa niente, mi fermo qua, non ce la faccio più !!

Questa è la Maratona, quattro mesi di sacrifici, sforzi e rinunce; si soffre, si gioisce, si sta male, si sogna.
Ci si impone un traguardo e si fa di tutto per arrivarci, armati solo della propria volontà quando anche la ragione lo vieterebbe, consapevoli che sarebbe sufficiente un banale raffreddore per rovinare tutto.
Questa è la Maratona, è la Regina, comanda Lei: crea imprevisti o asseconda il tuo stato fisico, ma alla fine decide Lei se e come finirai.
Questa è la Maratona, un viaggio lungo 42,195 Km, ma prima ancora un viaggio dentro a se stessi, una prova di forza che dura quattro mesi e dei quali la gara è solo l'attimo finale.
Questa è la Maratona, non perdona, ma a noi piace che sia così, difficile, ostica, scontrosa, imprevedibile: la si ama o la si odia.
Questa è la Maratona, e mi commuove sempre, anche questa volta quando, seduto nell’attesa che le forze ritornino, un fremito mi percorre la nuca e la voglia di piangere mi assale con un singhiozzo.

E adesso ho capito chi c’è ogni volta con me in quei momenti: ciao Mamma !!




NOTA PER I MIEI LETTORI:
Il montaggio del filmato richiede ancora un pò di tempo, ripassate fra qualche giorno per vederlo !!

giovedì 6 ottobre 2011


3^ Maratona delle Città del vino
Domenica 2 ottobre 2011

La canicola agostana era riuscita ad allontanarmi dalla corsa, all’aperto a malapena si camminava.
Il solo pensiero di aprire il file di excel relativo all’allenamento mi creava disagio, consapevole del fatto che dopo un giugno ed un luglio incredibilmente positivi per l’allenamento stavo saltando a piè pari settimane e settimane della tabella per Venezia: non riuscivo a correre per più di 30 chilometri.

A fine luglio un 25K ridimensionato a 17K, il 29K di ferragosto diventato 26K, un 20K sostituito, o quasi, da cross training, le due ultime settimane di agosto con una croce sopra….
Ed ancora caldo a settembre, ma finalmente 30 chilometri tutti di corsa ad inizio mese, il 36K dell’11 settembre ridotto a 20 chilometri, l’Euromarathon di metà mese conclusa per onor di firma….la preoccupazione aumenta ed il tempo a disposizione diminuisce….

I tempi sono sempre più stretti, devo mettere chilometri, e tanti, sulle gambe per presentarmi a Villa Pisani con almeno una parvenza di lunghi, un rimedio s’impone.
Cerco delle soluzioni alternative per correre comunque con il caldo ed individuo l’ultima possibilità per fare un lungo, e soprattutto per recuperarlo in tempo utile, a Manzano, in casa dei cugini friulani.
Sarà un’esperienza nuova: correrò una Maratona per allenamento, senza guardare troppo al cronometro ed approfittando dei ristori e degli spugnaggi per cercare di chiudere positivamente una fatica lunga 42 chilometri.

La gara parte da Manzano, toccando Buttrio, Orsaria e Firmano, in salita fino quasi alla Mezza, alla periferia di Cividale del Friuli.
Si passa nel centro storico della cittadina e dopo essere usciti attraversando il Ponte del Diavolo si prosegue in discesa in direzione di Dolegna, per poi percorrere gli ultimi 15 chilometri pianeggianti verso Vencò, ed oltre a Corno di Rosazzo, per chiudere il giro a Manzano.



Percorso di guerra, sia per la pendenza della prima parte che per i 30 gradi di temperatura che ci accompagneranno fino alla fine; senza contare poi il traffico automobilistico, che l’Organizzazione ha (ogni tanto) convogliato in un’unica corsia, ma che non manca di rendersi pericoloso, con gli specchietti retrovisori delle autovetture che fanno il filo ai gomiti dei runners.

E’ chiaro fin dall’inizio che non mi aspetto grosse prestazioni cronometriche, sia per le difficoltà oggettive della giornata che per il mio stato di forma: potrò considerarmi soddisfatto se riuscirò a chiuderla con onore.

Parto da casa alle 7:15 con l’amico Fabio, che viene da Belluno, anche lui alla ricerca di chilometri in vista di Venezia.
Il ragazzo è alla sua prima Maratona, ma corre in montagna: fa le Eco-Maratone ed ha un’altra cilindrata, secondo me può chiudere la corsa in poco più di tre ore.
Alla partenza troviamo il nostro amico Claudio, altro cavallo di razza da tre ore e sette a Berlino 2010.
Sono le otto e mezza del mattino, ma il sole già scotta sulla schiena e trascorro gli ultimi minuti prima della partenza rigorosamente all’ombra.
Ragazzi, per me fa già troppo caldo, non so se ce la faccio a finirla”.
Un po’ di positività….” – fa Fabio, che cento metri dopo la partenza è già lontano.
Chiuderà in 3 ore e 30, ritardato come tutti, ma neanche troppo, dai trenta gradi.

Dai primi chilometri affianco un gruppo che ha il mio stesso passo, attaccandomi al pacer delle 4 ore e 15, con il quale chiacchiero beatamente per otto chilometri.


Realizzo che non era quello che avrei dovuto fare e, complici la salita ed il gran caldo, rallento.
La parte fino alla Mezza passa tra spugnaggi promessi, ma di fatto non presenti, code di automobilisti fermi in fila che strombazzano al nostro passaggio e macchine “posteggiate” nei pressi di un centro equestre che restringono notevolmente lo spazio a disposizione per correre.

La ducale Cividale e lo scenografico Ponte del Diavolo fungono da ottimo viatico per le già stanche membra, facilitando la corsa che per tre-quattro chilometri si svolge adesso in discesa.
Si entra nella zona del Collio e maestose verdi colline si profilano all’orizzonte, mentre a sinistra il Monte Canin svetta con i suoi 2.587 metri.
Con un secco cambio di direzione la strada volge decisamente a sud ed il sole, ormai quasi allo zenith, scotta forte sulla fronte e sulle spalle.
Che zona bellissima!! C’è un attimo nel quale mi sento particolarmente bene: cielo azzurro, nessuno davanti né dietro, silenzio rotto solo dal rumore delle mie scarpe, qualche graspo ancora attaccato nelle vigne che emanano un deciso odore di uva fragola….poesia….
Cerco i tratti all’ombra, anche se molte volte preferisco tagliare le curve per compiere il tragitto minore.
Il caldo è sfiancante, stento a recuperare pur non essendoci più salita e percorro lunghi tratti al passo: cammino all’ombra e corro al sole, così il fresco dura di più ed il caldo finisce prima.
I chilometri centrali sono i più duri, con sempre meno vegetazione ai lati della strada e con un sole sempre più forte sulla testa.
C’è poca gente in giro; qualche vecchietto in osteria seduto all’ombra, più avanti un agriturismo con diversi avventori….pochissima gente lungo la strada.
Penso che in fondo potrei ritirarmi, ormai ho superato il trentesimo, anche se non la finisco ho pur sempre fatto un lungo….già, ma magari riesco a farne 36….vediamo un po’ come prosegue….

Adesso è sofferenza pura!! Strada in falsopiano, asfalto bollente e stanchezza sempre più grande.
Due provvidenziali docce private con tubo di gomma e spruzzo al 34° ed al 36° chilometro risollevano il morale ed un ristoro verso il 38°, anche questo privato, ricarica le batterie.

Giunto a questo punto ritirarsi è assurdo, anche se il caldo e la stanchezza mi costringono a camminare sempre di più e le gambe sono sempre più pesanti.
Stringo i denti, ormai mancano pochi chilometri.
Ai lati della strada c’è gente che incita ed applaude, ed un “FORZA !!” arriva al momento giusto.
Entro a Manzano, ancora due lunghi rettilinei….passo il 42° chilometro e dietro la curva finalmente il gonfiabile dell’arrivo.
Taglio il traguardo da solo, in quel momento non c’è nessuno prima né dopo di me….i quattro-cinque “BRAVO !!” sono quindi tutti per me e mi regalano un attimo di felicità.
Mi godo il momento fino alla fine, con la ragazza sorridente che mi infila al collo la medaglia di finisher e Fabio ad aspettarmi, un’ora e mezza dopo il suo arrivo.

Il tempo finale di 5h 8’ 15” non è certo una bella prestazione, ma poco importa, oggi non cercavo il risultato.
Sono partito, poco convinto, per un lungo assistito (tra l’altro su questo stendo un pietoso velo….) ed ho portato a casa una Maratona, fermandomi ad ogni ristoro, mangiando pezzi di banana e bevendo comodamente con calma fino a quando ne avevo voglia, con l’ultimo chilometro corso “alla Tergat”.
E l’unica spugna che ho gettato è stata quella per bagnarmi il viso ogni cinque chilometri….e poi, soddisfazione massima, avevo un pettorale da top runner che più top non si può....e quando mi capita un'altra volta ??